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I comuni sono quelli che vivono gli avvenimenti che stanno accadendo nella loro società
Cosa ne pensa della piattaforma unificata per i comuni europei e il suo scopo principale di informare i cittadini di quello che sta succedendo nell’UE?
Riunire nello stesso luogo i comuni, le regioni e le città per condividere le loro conoscenze, le buone pratiche e l’esperienza è, a mio avviso, di essenziale importanza per la creazione di un’Europa incentrata sui cittadini. I comuni sono quelli che vivono gli avvenimenti che stanno accadendo nella loro società, che riflettono l’Europa e dei quali i cittadini si fidano maggiormente. I comuni devono fare parte della struttura delle istituzioni nell’UE, condividere la loro visione, garantire il futuro e spiegare cosa funziona e cosa no. Che cosa precisamente l’Europa al livello globale porta sul piano locale e regionale, così come i livelli locali e regionali devono essere in grado di influenzare fortemente il livello globale europeo. Per avere benefici per tutti deve esserci anche interazione. Le voci delle città e delle regioni vanno ascoltate, ecco perché il 10 ottobre ho iniziato con un appello: “Lo stato dell’Unione – uno sguardo alle città e alle regioni” che da questo momento in poi si terrà ogni anno. Inoltre i comuni devono assumersi la responsabilità di informare i propri cittadini di tutto ciò che fa l’UE per rendere la vita dei cittadini migliore. La piattaforma riflette esattamente questo e dà un’unica possibilità per condividere le conoscenze e collabora per la voce unita dell’UE.
Il Comitato Europeo delle Regioni è alla base delle autorità locali nell’UE. Quali sono gli obbiettivi principali e le buone pratiche che vorrebbe realizzare nei prossimi due anni e mezzo?
L’UE deve mostrare ai cittadini qual’ è il suo contributo per guadagnarsi il loro sostegno creando una crescita economica generale, più solidarietà tramite socializzazione, raggiungere armonia nelle politiche finanziarie, lottare contro i cambiamenti climatici e quello che è più importante di tutto – essere del tutto trasparente quando dimostra che in realtà fa migliorare la vita dei cittadini. Tutto ciò significa costruire un’Europa diversa, che sia più integrata, più efficace ed incentrata sullo sviluppo locale. Per ottenere ciò l’UE non può agire soltanto da Bruxelles ma ha bisogno che le regioni e le città si occupino dello sviluppo e ascoltino i cittadini mentre stanno attuando le politiche dell’UE.
Questo porta ad un’altra mia priorità: il futuro delle politiche di coesione dell’UE che riflettono la solidarietà europea e pertanto noi, come rappresentanti regionali, non possiamo immaginarci il futuro senza forti politiche di coesione. E infine, l’Europa deve rinnovare i legami con le comunità. Chiunque lavora con o nell’UE deve servire la società e ciò significa che deve ascoltare, non parlare. Ecco perché dal mese di marzo 2016 i nostri membri hanno organizzato più di 140 dibattiti pubblici in 95 regioni per ascoltare le ansie dei cittadini e la loro visione del futuro dell’Europa, i risultati dei quali sono stati presentati a Bruxelles. Credo fermamente che rispondendo alle aspettative dei cittadini il sospetto per l’Europa sarà sostituito da desiderio per l’Europa.
Pensa che esista un problema con l’accesso alle informazioni tra i cittadini europei quando si tratta di implementare le politiche europee?
E’ molto importante dimostrare la parte economica, intellettuale ed emotiva dell’UE. Pertanto bisognerà fare molto per aumentare la trasparenza da parte dell’UE nella vita delle persone. L’UE ed i processi legislativi sono complicati e molto spesso il loro effetto non viene percepito o ascoltato. Tramite la comunicazione nella società delle politiche europee si potrà chiarire a che cosa serve l’UE e che cosa fa. Se parliamo di politica di coesione, dobbiamo parlare anche di 1 milione di posti di lavoro che sono stati creati, di come sono stati costruiti 4,900 km di strade o di come 6 milioni persone sono ormai unite in un nuovo sistema o un sistema migliorato di acqua potabile. Dobbiamo cambiare il modo in cui comunichiamo con i cittadini e ascoltare le loro preoccupazioni perché le loro voci vengano ascoltate a Bruxelles. Questo è il punto fondamentale dell’iniziativa “Riflettere l’Europa” nella quale i nostri membri organizzano eventi per condividere visioni per il futuro dell’Europa.
Che cosa bisogna fare secondo Lei per rendere migliori le regioni europee meno sviluppate?
Affrontare il problema della disuguaglianza investendo nelle regioni europee meno sviluppate non è solo un compito dell’economia ma anche della solidarietà europea. Come unione, noi dobbiamo fare sì che ogni regione, città o paesino percepisca i benefici della solidarietà europea. Noi dobbiamo lavorare per assicurare una crescita continua, posti di lavoro e migliore tenore di vita e questo deve essere utile per tutti, non solo per qualcuno. La politica di coesione europea, che in questo momento costa un terzo del bilancio dell’UE, è proprio per questo. Tale politica si prefissa obbiettivi europei generali e investe nelle aree più povere. Nella settima Relazione di Coesione si vede che la disuguaglianza tra le regione dell’UE è diminuita, fatto che dimostra la funzionalità della politica di coesione. Dimostra inoltre anche i problemi dei deboli investimenti pubblici, catturati nella trappola del reddito medio. Questa situazione richiede una politica di coesione forte e migliore.
Secondo Lei l’urbanizzazione rapidamente crescente rappresenta un problema? Se sì, quali sono le misure che devono essere intraprese secondo Lei per risolverlo?
Le città europee ed i piccoli luoghi abitati sono la casa del 78% della popolazione dell’UE e generano l’85% del prodotto interno lordo dell’Unione. Essi attirano gli investimenti, le innovazioni, nuove possibilità e sono motore del progresso sociale. Ma con le possibilità arrivano anche i problemi, per esempio la pressione sui servizi o l’inquinamento atmosferico. Inoltre anche la diminuzione della popolazione nei paesini è un problema, ma la verità è che l’urbanizzazione continuerà. Abbiamo urgente bisogno di creare un’Europa che prende in considerazione i propri territori in tutte le politiche europee e utilizza i fondi europei per tutelare le arie rurali ed il miglioramento significativo della rete di comunicazione tra le città e i paesi.
L’Europa a più velocità è un’idea che mira di integrare tutte le zone dell’UE a vari livelli. Secondo Lei questa idea come può influenzare lo sviluppo delle regioni europee?
L’idea dell’Europa a più velocità è sostenuta da alcuni paesi membri che vorrebbero vedere l’Europa in regioni nelle quali non c’è consenso e che vogliono uscire dal ristagno. L’Europa a più velocità ha anche un aspetto legale che si chiama “Cooperazione migliorata”. Uniti da questo, un gruppo di almeno nove Stati membri possono stabilire una cooperazione senza altri Paesi che non vogliono parteciparci ed evitare la necessità di consenso da parte di tutti. L’Unione è l’unico modo in cui l’Europa può risolvere i problemi del 21° secolo che incidono sulla vita della popolazione nelle nostre città e regioni. Tutti noi dobbiamo andare avanti insieme, meglio se alla stessa velocità ma, se necessario, anche a velocità diverse però sempre nella stessa direzione.
Secondo Lei quali sono le buone pratiche implementate nello sviluppo delle piccole regioni?
Lo scambio di buone pratiche è utile per tutte le regioni. Provenendo da una piccola regione, forse una delle più piccole, devo dire che è molto importante avere accesso a quello che sta succedendo in ogni regione dell’Europa. Questo sicuramente non è per difendere il metodo “la stessa cosa ovunque” ma esattamente il contrario: aprirsi alle diversità e affrontare le sfide in Europa e l’ispirazione al cambiamento del proprio territorio. Questa è una delle finalità del Comitato Europeo delle Regioni. Noi siamo un organo consultivo e diamo consigli alla Commissione Europea, al Parlamento Europeo e al Consiglio Europeo nel processo decisionale, ma siamo anche una piattaforma che unisce 350 leader regionali.
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